Milano, 5 dicembre 2025 – I mercati italiani hanno vissuto oggi una piccola flessione sui titoli a medio-lungo termine, in una giornata segnata da volumi nella media e da un clima di cautela tra gli operatori. A condizionare le contrattazioni, secondo diversi analisti finanziari milanesi sentiti da alanews.it, è stata soprattutto la convinzione crescente che la Banca Centrale Europea manterrà fermi i tassi di interesse almeno fino a fine 2026. Questa prospettiva sta già cambiando le attese degli investitori e influenzando la curva dei rendimenti.
I primi segnali sono arrivati fin dal mattino. A Piazza Affari, dopo un’apertura tranquilla, l’attenzione si è spostata sui titoli di Stato con scadenze tra cinque e dieci anni. Un operatore della sala trading di una banca d’investimento ha spiegato che si è visto “un leggero aumento dei rendimenti, niente che faccia temere un’escalation o una fuga dai bond, ma il clima è diventato subito più cauto”. Intorno a mezzogiorno, il rendimento del Btp decennale si è fermato intorno al 3,82%, con lo spread rispetto al Bund tedesco che ha oscillato tra i 153 e i 156 punti base. Una dinamica che fonti del Tesoro hanno definito “tecnica”, ma che riflette bene la sensibilità del mercato sulle mosse della BCE.
Gli investitori restano concentrati sulle decisioni di Francoforte. I verbali diffusi ieri dal consiglio direttivo della BCE hanno rafforzato l’idea di una pausa lunga: nessuna riduzione dei tassi all’orizzonte e la necessità di mantenere un atteggiamento restrittivo per tutto il 2025 e buona parte del 2026. “Non c’è ancora pressione per cambiare rotta”, dice Marco Conti, strategist di una società di gestione milanese. “La priorità rimane tenere sotto controllo l’inflazione, anche se ormai si muove sotto il 3%”. La prospettiva di tassi fermi ha frenato l’appetito per i titoli più lunghi – quelli più sensibili alle aspettative sul costo del denaro – mentre sulle scadenze brevi e medie la domanda si è mantenuta stabile.
La scelta della BCE di lasciare i tassi così a lungo avrà effetti anche fuori dalle sale di contrattazione. In una nota l’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, sottolinea come le condizioni sui finanziamenti – soprattutto i mutui a tasso variabile – resteranno “stabili senza ulteriori aumenti”. Per le famiglie italiane si tratta di un sollievo parziale rispetto agli incrementi registrati nel biennio 2022-2023, anche se per vedere una vera discesa del costo del credito servirà ancora tempo. Le imprese stanno invece rivedendo i piani di investimento in uno scenario dove il denaro resta “più caro rispetto agli anni passati ma senza nuove strette”, come sintetizza Alessandro Rossi, direttore finanziario in una media azienda lombarda.
Oltre alla BCE, gli occhi degli operatori sono puntati sulle prossime mosse della Federal Reserve, che negli ultimi giorni ha dato segnali altrettanto prudenti. In attesa delle riunioni di dicembre e gennaio, le sale operative internazionali segnalano meno volatilità e meno voglia di rischiare nei mercati europei. A Milano – osservando gli scambi in via Tommaso Grossi nel pomeriggio – si respirava un’atmosfera quasi sospesa: nessuno si aspetta sorprese immediate, ma tutti concordano che i prossimi sei mesi saranno decisivi per capire se le banche centrali molleranno davvero la presa.
A chiudere la giornata milanese è il sentimento predominante degli investitori: “Niente strappi, tanta prudenza e occhi puntati sui dati su inflazione e crescita”, racconta a fine seduta un trader locale di una boutique finanziaria. La curva dei rendimenti si muove ordinata, segno che – almeno per ora – la prospettiva di tassi invariati pesa più delle notizie quotidiane. Resta però da vedere se nei prossimi mesi qualche segnale da BCE o Fed o le nuove previsioni economiche faranno davvero cambiare passo ai mercati.
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