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L’ANC contro la nuova stretta sulle compensazioni: quali conseguenze?

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Sonia Rinaldi

Roma, 15 novembre 2025 – L’Associazione nazionale commercialisti ha sollevato ieri forti dubbi sulla nuova stretta alle compensazioni fiscali prevista dall’articolo 26 del Ddl di bilancio 2026. Dal 1° luglio 2026, infatti, sarà vietato compensare i crediti d’imposta agevolativi con i debiti legati a contributi previdenziali e premi assicurativi. Per l’ANC, questa misura rischia di colpire senza distinzione imprese e professionisti che lavorano nel pieno rispetto della legge, minando così la fiducia tra contribuenti e Stato.

Frodi fiscali sotto la lente: i numeri dietro la stretta

Il Governo ha inserito questa norma nella manovra economica con l’obiettivo di fermare le frodi sulle compensazioni. Nei primi nove mesi del 2025, l’Agenzia delle Entrate ha già bloccato crediti per 561 milioni di euro, una cifra che si prevede salirà a 748 milioni entro fine anno. Di questi, il 60% riguarda i crediti agevolativi, cioè quelli legati a incentivi come Industria 4.0, Transizione 4.0 e Ricerca e sviluppo. Il resto, il 40%, arriva dalla liquidazione dei tributi.

Secondo fonti del Ministero dell’Economia, il fenomeno delle indebite compensazioni ha preso dimensioni tali da richiedere un intervento deciso. Restano ancora da controllare circa 3 miliardi di euro di crediti che non sono stati ancora usati in compensazione. Il Governo stima che nel 2026 questa misura porterà un risparmio di 44,9 milioni di euro, che potrebbe salire fino a quasi 90 milioni l’anno nei due anni successivi.

I commercialisti non ci stanno: “Un colpo duro alle imprese”

Ma l’ANC non ci sta. Nella nota diffusa ieri mattina si parla di “un effetto devastante per le imprese”. Il presidente Marco Cuchel ha spiegato che “la compensazione è uno strumento normale per gestire i flussi finanziari, non un privilegio. Metterla sotto accusa in modo così generale vuol dire punire chi rispetta le regole e indebolire la fiducia tra contribuente e Stato”.

Il vero problema, secondo Cuchel, riguarda i crediti d’imposta maturati in buona fede, che sono fondamentali per la pianificazione delle aziende. “Questa misura rischia di vanificare gli aiuti all’economia, proprio quando le imprese hanno bisogno di certezze per investire e crescere”.

Come cambierà la vita di imprese e professionisti

I dati forniti dall’ANC mostrano che circa il 20% dei versamenti contributivi passa attraverso il modello F24, lo stesso strumento usato per le compensazioni. La nuova norma potrebbe quindi pesare sulla liquidità delle aziende, costringendole a rivedere i propri conti e la pianificazione finanziaria. “Si rischia di aumentare l’incertezza e di complicare la gestione del futuro imprenditoriale”, si legge nella nota.

Anche alcuni imprenditori hanno espresso preoccupazioni simili. “Abbiamo investito in tecnologia contando sugli incentivi – ha raccontato un imprenditore romano del settore manifatturiero – adesso rischiamo di ritrovarci con crediti inutilizzabili proprio quando ci servono di più”.

L’appello per cambiare rotta

Per questo l’Associazione nazionale commercialisti chiede di rivedere il testo della norma. L’obiettivo è “tutelare i crediti d’imposta maturati in buona fede e garantire un sistema di compensazione trasparente, sicuro e funzionale”. La proposta è già stata inviata al Ministero dell’Economia e alle commissioni parlamentari.

Il dibattito resta aperto. Nei prossimi giorni sono attese nuove prese di posizione da parte delle associazioni di categoria e degli ordini professionali. Nel frattempo, tra gli addetti ai lavori cresce l’attesa di possibili modifiche prima che la legge di bilancio venga approvata definitivamente.

Sonia Rinaldi

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