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Normativa Italiana sull’IA: Assonime Analizza la Legge 132/2025 e l’Allineamento con l’AI Act Europeo

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Franco Sidoli

Roma, 14 dicembre 2025 – Assonime ha diffuso oggi un’analisi approfondita sulla Legge 132/2025, mettendo in luce come questa nuova norma si confronti con l’AI Act europeo. L’associazione delle società per azioni italiane, con sede in via S. Maria dell’Anima, ha pubblicato la nota a metà mattina, dopo settimane di confronto serrato tra giuristi ed esperti tecnici.

Legge 132/2025: cosa cambia davvero

Approvata a novembre e pubblicata il 2 dicembre in Gazzetta Ufficiale, la L. 132/2025 impone regole più rigide sull’uso dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane. Si punta soprattutto a rafforzare la trasparenza e la tracciabilità degli algoritmi utilizzati, con un’attenzione particolare ai sistemi ad alto rischio: quelli che selezionano personale o gestiscono servizi finanziari automatizzati, per esempio.

Per Assonime, uno degli aspetti chiave è il nuovo registro nazionale delle applicazioni AI. Questo strumento dovrebbe “favorire la supervisione pubblica” e prevenire eventuali abusi. Gli analisti vedono in questo registro una possibile “sinergia interessante” con il regolamento europeo, ma segnalano anche il rischio di sovrapposizioni tra norme.

Italia ed Europa: affinità e differenze

Il rapporto evidenzia come il testo italiano si muova “in linea generale” con le indicazioni di Bruxelles. Però ci sono divergenze importanti. Mentre l’AI Act si basa su una regolazione modulata secondo i livelli di rischio, la legge italiana aggiunge procedure autorizzative da rispettare per le imprese. Un approccio che Assonime definisce “più rigido”, potenzialmente più gravoso soprattutto per le piccole e medie aziende.

Da segnalare anche che la normativa italiana anticipa alcune disposizioni europee, come la nomina di un responsabile interno per la conformità all’AI e gli audit annuali sugli algoritmi. Secondo gli esperti, questa corsa in avanti può però generare confusione fino all’entrata in vigore dell’AI Act, attesa nel primo semestre del 2026.

Cosa cambia per aziende e pubblica amministrazione

L’impatto operativo riguarda soprattutto le società quotate e le grandi imprese, chiamate a preparare report dettagliati sull’effetto sociale delle AI utilizzate. L’obbligo di segnalare preventivamente alle autorità i sistemi considerati “ad alto rischio” è un passaggio “delicato”, avverte Assonime, che richiederà nei prossimi mesi chiarimenti pratici.

Per la pubblica amministrazione, invece, la legge introduce una sorta di “filtro”: gli enti dovranno spiegare bene perché usano strumenti basati su intelligenza artificiale e garantire consultazioni periodiche con cittadini e stakeholder. Secondo i redattori del rapporto, queste misure vanno nella direzione giusta per aumentare la trasparenza, anche se restano dubbi sui tempi e sulle modalità di applicazione.

Le criticità da risolvere

Gli esperti coinvolti evidenziano tre problemi principali. Primo: la definizione di “alto rischio” non coincide sempre con quella europea, creando potenziali confusioni sul campo. Secondo: al momento mancano linee guida chiare condivise tra Ministero dello Sviluppo Economico e Autorità Garante. Terzo: restano aperte questioni delicate sui profili di responsabilità quando le decisioni automatizzate causano errori o incidenti.

La nota richiama “uno sforzo comune per mettere ordine tra sanzioni e controlli”, fotografando così una situazione ancora aperta in cui le imprese attendono indicazioni precise prima di muoversi sul serio.

Dibattito acceso tra operatori e politica

Il tema è entrato nel dibattito pubblico. Negli ultimi giorni alcune associazioni datoriali – fra cui Confindustria Digitale – hanno chiesto un tavolo tecnico fisso con il governo. Antonio Samaritani ha sintetizzato così: “Vogliamo regole chiare ma tempi certi e norme semplici”. Dietro c’è il timore che misure troppo severe mettano in difficoltà la competitività delle aziende italiane rispetto ai concorrenti europei.

Per ora lo scenario resta incerto: normativa nazionale e quadro europeo coesistono senza una sintesi definitiva. Le imprese devono barcamenarsi tra regole ancora in divenire e obblighi sempre più stringenti. Ma – come sottolineano gli analisti – solo una regolazione equilibrata potrà evitare derive incontrollate nell’uso dell’intelligenza artificiale nel nostro sistema produttivo.

Franco Sidoli

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