Rendicontazione di sostenibilità: DL 95/2025 proroga di 2 anni gli obblighi per grandi imprese e PMI quotate

Franco Sidoli

9 Dicembre 2025

Roma, 9 dicembre 2025 – Il Decreto Legge 95/2025, approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi, sposta di due anni l’obbligo di rendicontazione per le grandi imprese che ancora non avevano iniziato il percorso, oltre che per le PMI quotate. Una mossa molto attesa e discussa da settimane nel mondo economico, accolta dalle associazioni di categoria con un misto di sollievo e prudenza. Il Governo ha motivato la scelta come un modo per dare più tempo alle aziende più in difficoltà nell’adattarsi ai nuovi requisiti europei sulla trasparenza.

Rinvio dei termini: cosa cambia davvero

Il provvedimento riguarda migliaia di società italiane, in particolare quelle sottoposte agli obblighi di rendicontazione previsti dalla direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), recepita in Italia nel 2024. Secondo il testo iniziale, le grandi imprese avrebbero dovuto cominciare a pubblicare i primi report ambientali e sociali già con il bilancio 2025. Stessa scadenza per le PMI quotate, cioè aziende di medie dimensioni presenti in Borsa. Ora, con il DL 95, la data si sposta al 2027. Due anni in più per sistemare processi interni, strumenti di controllo e formare il personale.

Fonti vicine al Ministero dell’Economia chiariscono che “il rinvio non significa fare un passo indietro sulla trasparenza, ma è una misura concreta per aiutare le aziende a presentare dati affidabili”. Secondo il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, circa il 60% delle imprese interessate non aveva ancora completato la raccolta delle informazioni necessarie.

Perché la proroga? Pressioni e difficoltà sul campo

Da mesi le principali associazioni imprenditoriali – da Confindustria all’ABI – avevano segnalato i rischi di partire troppo in fretta: sistemi informatici ancora da mettere a punto, pochi consulenti esperti sui nuovi standard e problemi nel reperire i dati ESG (ambientali, sociali e di governance). “Abbiamo ascoltato molte aziende, soprattutto tra le PMI quotate, che si sono trovate spaesate dalla mole di adempimenti richiesti”, spiega Massimo Miani, presidente dei commercialisti. “Non è solo questione politica, ma anche tecnica.”

Nei corridoi del MEF si dice che la decisione sia stata presa anche considerando quello che sta succedendo negli altri Paesi europei. In Francia e Germania alcune scadenze erano già state rinviate. Solo dopo una serie di incontri tra ministeri, associazioni e consulenti del lavoro è arrivata la scelta ufficiale della proroga. Così si cerca di evitare ricorsi a raffica e polemiche su sanzioni considerate troppo pesanti.

Imprese e mercati: reazioni a caldo

L’annuncio del rinvio ha subito fatto sentire il suo effetto a Piazza Affari: i titoli delle principali PMI quotate hanno chiuso la giornata con piccoli rialzi. Gli esperti dicono che questo slittamento dà respiro agli operatori, rimandando investimenti importanti in sistemi digitali e figure specializzate. Ma non mancano dubbi: “C’è il rischio che l’incertezza normativa si protragga troppo”, avverte Marta Viganò, partner della società di consulenza Deloitte. Le aziende più attive all’estero potrebbero trovarsi in un limbo tra le richieste internazionali e i nuovi tempi italiani.

Anche dal mondo ambientalista arrivano critiche: “Si rallenta l’allineamento agli standard europei e alla crescente domanda di trasparenza degli investitori”, commenta Andrea Poggio di Legambiente. Gli osservatori ricordano come le pressioni ESG restino fortissime e che la reputazione delle aziende dipenda sempre più dai dati non finanziari.

Cosa succede ora? Tempi e prossimi passi

Il testo del DL 95/2025 sarà pubblicato nei prossimi giorni in Gazzetta Ufficiale e dovrà diventare legge entro 60 giorni. Nel frattempo i ministeri coinvolti prepareranno una guida pratica per aiutare le imprese coinvolte, spiegando nuove scadenze e dettagli tecnici. Fonti governative sottolineano l’intenzione di usare questi due anni per potenziare formazione, chiarire meglio i documenti da presentare ed evitare fraintendimenti.

Rimane aperta la questione delle imprese già pronte: alcune multinazionali con sede in Italia – come Enel ed Eni – hanno già iniziato la rendicontazione secondo gli standard europei e dovranno comunque rispettare le scadenze comunitarie. Questo potrebbe creare qualche discrepanza sul mercato interno.

Alanews seguirà da vicino questa vicenda con aggiornamenti puntuali sulle decisioni parlamentari nelle prossime settimane e sulle reazioni dal mondo produttivo.

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