Venezia, 15 dicembre 2025 – Il Tribunale di Venezia ha deciso che un amministratore revocato da una società partecipata da un ente pubblico deve percepire l’intero compenso previsto per il resto del mandato. La sentenza, emessa nei giorni scorsi a Palazzo di Giustizia, rappresenta un precedente importante nel campo del diritto societario e degli incarichi amministrativi, fissando nuovi limiti alle revoche anticipate da parte delle pubbliche amministrazioni.
Le ragioni della sentenza
Durante il processo è emerso che l’amministratore – nominato in una società a controllo pubblico con sede nel veneziano – era stato revocato prima della scadenza su decisione dell’ente pubblico maggioritario. Secondo gli avvocati dell’ex dirigente, questa revoca “non era giustificata” e non c’erano particolari inadempienze a suo carico. Di fronte alla sospensione anticipata, l’ex amministratore ha quindi chiesto in sede civile di ricevere i compensi fino alla fine naturale del mandato.
I giudici della sezione lavoro hanno dato ragione alla difesa, sottolineando che “se manca una giusta causa, la revoca non può privare l’amministratore dei compensi pattuiti”, come si legge nelle motivazioni depositate. Per la difesa si tratta di un passaggio “fondamentale”, perché chiarisce il rapporto tra il potere discrezionale dell’ente e la tutela economica dell’amministratore.
Cosa cambia per le società pubbliche
La sentenza, resa nota il 14 dicembre dagli avvocati coinvolti, potrebbe cambiare le regole del gioco sulle nomine e revoche nelle società partecipate dagli enti pubblici. “Le amministrazioni dovranno ora spiegare bene le ragioni delle rimozioni”, ha commentato l’avvocato Giovanni Berti, “altrimenti saranno costrette a pagare tutto fino alla fine del mandato”.
Nel caso in questione si parla di un incarico triennale affidato nel 2023 e interrotto a fine 2024, quindi prima della metà del periodo previsto. L’ammontare che la società dovrà versare all’ex amministratore supera i 75mila euro, comprensivi di parte fissa e variabile maturati secondo contratto. In aula i rappresentanti dell’ente sostenevano che la revoca fosse legittima perché rientrava nei poteri dell’azionista pubblico, ma i giudici hanno precisato che il diritto al compenso resta valido se non ci sono violazioni gravi o motivi seri.
Precedenti e conseguenze pratiche
La sentenza richiama anche casi simili già affrontati negli ultimi anni dopo l’entrata in vigore del Testo Unico sulle società partecipate (D.lgs. 175/2016). In queste situazioni, sottolinea il Tribunale, si è consolidato il principio secondo cui “l’amministratore non può restare senza tutela economica in caso di revoche ingiustificate o arbitrarie”. Un orientamento confermato anche da dottrina e sentenze recenti della Cassazione.
Per le società controllate dagli enti locali, questa interpretazione potrebbe pesare sui costi e sulle strategie di gestione degli incarichi. “Ci sarà meno spazio per cambiare dirigenti senza una valida motivazione”, ha commentato un dirigente pubblico veneziano sotto anonimato. “Ogni decisione andrà valutata con molta attenzione”.
Le reazioni immediate
Dopo la pubblicazione della sentenza non sono mancati i commenti. Gli avvocati dell’ex amministratore si sono detti “soddisfatti per il riconoscimento di un principio fondamentale di correttezza nei rapporti tra amministratori e soci pubblici”. Più cauta la posizione dell’ente coinvolto: fonti interne parlano di “decisione che sarà analizzata con attenzione” e non escludono un ricorso in appello nei prossimi mesi.
Intanto la sentenza diventa un punto fermo per chi opera nelle partecipate pubbliche. Come spiegano gli esperti locali, potrebbe spianare la strada ad altre richieste simili da parte di amministratori allontanati senza motivazioni chiare.
Cosa ci aspetta
Il provvedimento del Tribunale di Venezia segna una tappa importante nella regolamentazione dei rapporti tra enti pubblici e amministratori delle partecipate. In attesa di eventuali sviluppi in appello, il messaggio è chiaro: se viene revocato senza motivo valido, l’amministratore ha diritto a essere pagato fino alla scadenza naturale del mandato. Una questione destinata a tornare al centro delle discussioni giuridiche e amministrative locali e nazionali.
