Suprema Corte: Limiti alle indagini bancarie sui creditori nella confisca di prevenzione

Luca Ippolito

7 Dicembre 2025

Roma, 7 dicembre 2025 – La Corte di Cassazione ha pronunciato oggi una sentenza destinata a far discutere su un tema delicato: la confisca di prevenzione e la tutela dei beni personali. Al centro del dibattito c’è la questione della buona fede di chi si vede sottrarre un bene sottoposto a sequestro. Una domanda che spesso arriva nelle aule giudiziarie italiane: chi compra o possiede un bene rischia davvero di perderlo se non ha controllato tutto? La risposta della Suprema Corte è chiara, ma non semplice: tutto dipende da quanta diligenza e buon senso si è messi in gioco al momento dell’acquisto o del possesso.

Confisca di prevenzione e responsabilità: le motivazioni della Corte

Il caso su cui si è pronunciata la Cassazione riguarda una donna della provincia di Catania che nel 2018 aveva comprato un immobile poi sequestrato perché legato alla mafia, secondo gli inquirenti, al precedente proprietario. L’acquirente si è sempre difesa sostenendo di essere completamente estranea alla vicenda e di aver agito in buona fede, senza alcun motivo per dubitare della regolarità dell’immobile. Ma nella sentenza depositata ieri mattina a Piazza Cavour, i giudici hanno spiegato che la buona fede non è mai un fatto da dare per scontato. “Chi compra un bene deve comportarsi con una dose adeguata di diligenza e ragionevolezza”, scrivono i magistrati, “valutando bene le circostanze e verificando le informazioni disponibili”. Insomma, una parte importante della responsabilità resta sulle spalle di chi compra.

La buona fede tra obbligo di verifica e tutela dei terzi

Ma dove sta il confine tra ignoranza scusabile e colpa vera? I giudici sono stati netti nel dire che la “diligenza richiesta” è quella dell’“uomo medio”: quella che chiunque dovrebbe usare per non finire coinvolto, anche per caso, in affari loschi. Il relatore, il giudice Marco Russo, ha sottolineato: “Non basta dire ‘non sapevo’. Bisogna provare di aver fatto tutte le verifiche ragionevoli prima dell’acquisto”. Nel caso specifico, secondo la Corte, la donna avrebbe potuto – anzi dovuto – indagare meglio su alcuni segnali sospetti riguardanti l’immobile. Detto questo, i magistrati hanno anche ricordato l’importanza di proteggere chi agisce in buona fede, senza chiedere ai cittadini indagini impossibili da poliziotto. “La legge non può pretendere che ogni compratore diventi un investigatore privato”, si legge nelle motivazioni. Insomma, il confine è stretto e va valutato caso per caso.

Impatto pratico: cosa cambia per i cittadini e per il mercato immobiliare

Le conseguenze pratiche non sono solo sulla carta. Fonti del Consiglio Nazionale del Notariato spiegano che ora chi compra una casa o altri beni soggetti a possibile sequestro dovrà fare più attenzione alle verifiche preliminari. “Questa è una prassi già diffusa tra i professionisti – dice in una nota il presidente Elio Rosati – ma ora il principio diventa più forte: non basta fidarsi delle apparenze”. Nei quartieri degli agenti immobiliari di via Nomentana oggi si parla solo di questo. Un agente racconta: “Sono arrivate molte più richieste di controlli. I clienti vogliono star tranquilli prima di firmare”.

Dibattito giuridico e prospettive future

Tra gli avvocati penalisti non mancano opinioni contrastanti. Qualcuno teme che questa decisione metta troppa pressione burocratica sugli acquirenti onesti. Altri, come l’avvocato Stefania Salviati, parlano invece di “un giusto equilibrio fra lotta alle mafie e protezione delle persone”. La Cassazione raccomanda comunque ai giudici dei gradi inferiori di valutare ogni situazione con attenzione, tenendo conto sia delle circostanze oggettive sia del comportamento personale del possessore. In sostanza, la sentenza dice chiaramente: la “buona fede” deve essere provata con fatti concreti, non solo parole. Solo così può mettere al riparo dall’espropriazione preventiva.

Per molti osservatori questa sentenza rappresenta un segnale forte contro patrimoni sospetti, senza però lasciare indifesi quelli che si comportano con attenzione e senso pratico. Come ha ricordato stamattina all’uscita della Cassazione una funzionaria del Ministero della Giustizia: “La sicurezza giuridica nasce dalla chiarezza sui confini fra colpa e innocenza. E ogni caso fa storia a sé”.

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