Bruxelles, 18 novembre 2025 – La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito, con la sentenza del 13 novembre, che uno Stato può concedere vantaggi fiscali alle fondazioni familiari nazionali rispetto a quelle straniere. Ma c’è una condizione: questi benefici devono compensare altri prelievi fiscali a cui sono sottoposte le fondazioni nazionali. La decisione, emessa nel caso C-142/24, mette a fuoco l’equilibrio delicato tra la libera circolazione dei capitali e il diritto degli Stati membri di tassare successioni e donazioni.
Fondazioni familiari: quando la legge italiana fa differenze di trattamento
Tutto è partito da un ricorso di una fondazione familiare estera, fondata da un cittadino residente in Italia, che ha messo in discussione la legge italiana. Il nodo? Le fondazioni familiari straniere sono tassate in modo più pesante rispetto a quelle italiane. Più precisamente, le deduzioni fiscali sono più basse e le aliquote più alte quando si trasferisce il patrimonio tramite donazione. Secondo la fondazione ricorrente, questa disparità viola il principio della libera circolazione dei capitali, garantito dai Trattati UE.
Ma la Corte non è stata dello stesso avviso. Ha riconosciuto che la differenza è giustificata. Perché? Le fondazioni familiari italiane pagano un’ulteriore imposta sostitutiva sulle successioni. Il vantaggio fiscale previsto dalla legge italiana – deduzioni più generose e aliquote più basse – serve proprio a compensare questo ulteriore carico.
La Corte spiega: la differenza è giustificata da “motivi imperativi di interesse generale”
Nel testo della sentenza, i giudici europei sottolineano il “legame diretto” tra il vantaggio fiscale per le fondazioni italiane e la compensazione dell’imposta sostitutiva. Questo rientra nella categoria dei “motivi imperativi di interesse generale”. È una formula che, secondo la giurisprudenza UE, può giustificare limitazioni alla libera circolazione dei capitali.
“Il trattamento diverso – si legge nelle motivazioni – serve a evitare una doppia imposizione o una penalizzazione ingiustificata delle fondazioni nazionali rispetto a quelle estere”. In sostanza, la Corte ha escluso che la legge italiana discrimini senza motivo. Ha invece cercato di mantenere un bilanciamento tra le diverse imposte.
Cosa cambia per l’Italia e l’Europa
Questa sentenza segna una tappa importante per gli Stati membri. Potranno continuare a gestire il loro sistema fiscale in modo da tutelare particolari esigenze interne, purché la scelta sia giustificata e proporzionata. Fonti del Ministero dell’Economia confermano: la decisione “garantisce all’Italia la possibilità di mantenere un regime fiscale differenziato per le fondazioni familiari”, a patto che i vantaggi siano legati a un prelievo fiscale specifico.
Gli esperti di diritto tributario notano che la sentenza potrebbe influenzare anche altri strumenti simili, come trust e holding patrimoniali. “Il principio chiave – spiega l’avvocato Marco Bianchi, docente all’Università di Milano – è che la coerenza del sistema fiscale nazionale può avere la meglio sulla libertà di circolazione dei capitali, se c’è una ragione forte e una misura proporzionata”.
Reazioni e scenari futuri
Le associazioni di categoria accolgono la sentenza con prudenza. Da un lato, si riconosce la necessità di evitare trattamenti diseguali tra residenti e non; dall’altro, c’è il timore che questa decisione possa aprire la porta a nuove restrizioni sulla mobilità dei capitali nell’Unione.
Per ora, la situazione resta chiara: vantaggi fiscali sono ammessi solo se compensano altri prelievi specifici. Solo così gli Stati possono derogare al principio della libera circolazione dei capitali senza rischiare sanzioni dall’UE. È un equilibrio fragile, che richiederà attenzione continua da parte dei legislatori e degli operatori.
