Roma, 28 dicembre 2025 – Quando si parla di bonus edilizi in Italia, la questione si fa subito complicata, soprattutto per i criteri di accesso. Le regole cambiano molto a seconda che si tratti di recupero edilizio o di nuova costruzione. E con esse cambiano anche le procedure, i tempi e le attese delle persone. Gli ultimi aggiornamenti, annunciati ieri mattina dal Ministero delle Infrastrutture, confermano una divisione netta: chi vuole ristrutturare deve seguire strade diverse rispetto a chi decide di costruire da zero.
Chi interviene su un immobile già esistente – un appartamento nel centro storico o la casa di famiglia – deve fare i conti con le regole specifiche per il recupero edilizio. Spiegano dagli uffici tecnici del Comune di Roma che la domanda per accedere ai bonus – dal famoso Superbonus agli incentivi per l’efficientamento energetico – richiede documenti precisi: bisogna dimostrare che l’edificio esisteva già, avere tutti i permessi in regola e, se si tratta di immobili vincolati, anche l’ok della Sovrintendenza. Non basta: rispettare i limiti volumetrici e mantenere le sagome originali è obbligatorio.
La legge da anni vieta la demolizione totale con ricostruzione fuori dai confini dell’edificio originale nei casi di recupero edilizio. “Spesso ci chiedono spiegazioni su questo punto”, racconta Francesca M., geometra nel quartiere Appio Latino. “Molti vorrebbero aumentare la superficie calpestabile approfittando degli incentivi, ma le regole sono chiare: si può migliorare la qualità, non ingrandire la casa”.
Ben diversa è la situazione per chi punta a una nuova costruzione. Qui gli incentivi seguono altre logiche e le pratiche richiedono passaggi autorizzativi più complessi. Il Comune controlla attentamente titoli abilitativi, requisiti urbanistici e certificazioni energetiche almeno di classe A. “L’idea è premiare chi investe in case davvero sostenibili”, spiega una nota del Ministero dell’Ambiente del 15 dicembre scorso.
Ma questo si paga in termini di attesa e costi. Chi ha chiesto il Superbonus per nuove abitazioni, secondo il Cresme presentato a Milano a metà dicembre, deve aspettare in media dieci mesi per avere risposta: il doppio rispetto alle ristrutturazioni. A rallentare sono soprattutto i controlli su destinazione d’uso e infrastrutture come fogne, strade e allacci energetici.
Anche sul fronte delle agevolazioni fiscali le differenze sono evidenti. Chi fa interventi di recupero edilizio può contare su una detrazione IRPEF fino al 50%, con un tetto di spesa massimo di 96mila euro per unità immobiliare (secondo l’Agenzia delle Entrate, circolare 23/E). Per le nuove costruzioni, invece, gli sconti fiscali riguardano solo certi lavori legati all’efficienza energetica – come pannelli fotovoltaici o impianti domotici – e solo nelle zone ad alta densità abitativa.
“Molti pensano che convenga sempre ricostruire da zero”, osserva Paolo S., architetto alla Garbatella. “In realtà gli incentivi premiano soprattutto chi recupera l’esistente. È lì che si vede quanto lo Stato tenga alla tutela del paesaggio urbano”.
Dalla primavera prossima – con il decreto attuativo atteso in Gazzetta Ufficiale a marzo 2026 – potrebbero arrivare novità importanti. Il Ministero delle Infrastrutture ha annunciato una revisione sia per i bonus sulla ristrutturazione sia per quelli sulle nuove costruzioni. Tra le novità attese ci sono un sistema a punti basato sulle prestazioni energetiche reali (verificate da certificazioni indipendenti), controlli più rapidi sulle pratiche di recupero e l’obbligo di monitoraggio continuo dei lavori tramite piattaforme digitali condivise.
Fonti vicine al Consiglio Nazionale degli Architetti spiegano che “la strada è chiara: premiare chi investe nel recupero e nell’efficienza e rendere tutto il sistema degli incentivi più trasparente”.
Intanto il settore dell’edilizia aspetta chiarimenti concreti. Le imprese chiedono norme stabili e procedure snelle; i cittadini – specie nelle grandi città come Milano, Napoli o Firenze – vogliono criteri più semplici per usufruire delle detrazioni senza rischiare contestazioni dopo anni.
“Il problema principale? L’incertezza sulle interpretazioni locali”, ammette Gianni L., presidente dell’associazione costruttori della Lombardia. “Ogni Comune applica regole diverse e questo crea solo confusione”.
Solo nei prossimi mesi vedremo se il nuovo sistema sarà davvero un passo avanti o aggiungerà complicazioni. Nel frattempo resta fondamentale seguire gli aggiornamenti normativi con attenzione e affidarsi a professionisti competenti. In un Paese dove ogni mattone pesa anche sulle scelte politiche del futuro.
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