Roma, 26 dicembre 2025 – Le ONLUS italiane che non hanno ancora aggiornato i loro bilanci secondo l’articolo 13 del Codice del Terzo Settore si preparino a ricevere una comunicazione formale dal Ministero del Lavoro nelle prossime settimane. Dopo mesi di attesa nel mondo del non profit, soprattutto tra amministratori e revisori che da tempo chiedono chiarezza, arriva un invito a rivedere e riordinare preventivamente i bilanci già depositati per allinearli agli schemi obbligatori di legge, come confermato da fonti ministeriali raccolte da alanews.it.
Bilanci ONLUS sotto la lente: il nodo della riclassificazione
Il decreto legislativo 117 del 2017, noto come Codice del Terzo Settore, ha introdotto l’obbligo di rispettare precise regole nella redazione e pubblicazione dei bilanci per gli enti del terzo settore, in particolare all’articolo 13. Eppure, molte ONLUS continuano a usare modelli contabili superati. Le cause? Mancanza di informazioni chiare o difficoltà nell’adeguamento pratico. Secondo il Forum del Terzo Settore, oltre duemila realtà risultano ancora fuori linea, soprattutto in Lombardia, Lazio e Sicilia.
“Abbiamo più volte sollecitato indicazioni precise al Ministero”, spiega a alanews.it Giovanni Fumagalli, commercialista e membro del consiglio direttivo di CSVnet Lombardia. “Le linee guida ci sono sulla carta, ma restano molti dubbi su come applicarle concretamente. Molte piccole ONLUS non hanno le competenze interne per affrontare questa complessità”.
Riclassificazione: cosa cambia davvero
In pratica, l’invito alla riclassificazione preventiva significa dover rielaborare i bilanci degli anni passati secondo i modelli richiesti: stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione. Un lavoro che chiede ai responsabili amministrativi una revisione accurata dei documenti già archiviati nel tempo. Il termine “preventiva” fa capire che questa operazione dovrà precedere l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) o eventuali controlli successivi.
A proposito, la consulente Paola Bianchi, che lavora in un centro servizi nel Lazio, spiega: “Chi non si è ancora messo in regola rischia la sospensione da alcune attività e perfino di restare fuori dai bandi pubblici. È un problema che preoccupa soprattutto le realtà più piccole”.
Cosa significa per enti e volontari
Le prime conseguenze sono già evidenti nelle assemblee di fine anno. Molte ONLUS stanno convocando i revisori già a gennaio per capire come correggere i documenti contabili degli ultimi tre anni. “Abbiamo avuto solo indicazioni informali finora; aspettiamo la circolare ufficiale”, racconta Lorenzo Masi, presidente di un’associazione nella provincia di Firenze. Seguire gli schemi ministeriali spesso implica ricostruire dettagliatamente entrate e uscite: una fatica non da poco, specie quando i dati sono conservati con metodi tradizionali.
Il rischio più grande? Perdere le agevolazioni fiscali riservate agli enti regolari. Ecco perché molte ONLUS si stanno rivolgendo a professionisti esterni: commercialisti specializzati e studi fiscali segnalano un boom di richieste proprio nell’ultima settimana, con appuntamenti già pieni per i primi giorni di gennaio.
Scadenze e sanzioni: cosa aspettarsi
Al momento non c’è una data precisa per completare la riclassificazione. “Sappiamo solo che deve essere fatta prima dell’iscrizione definitiva al RUNTS”, confida una funzionaria del Ministero del Lavoro che preferisce restare anonima. Dal dicastero fanno sapere però che chi non si adegua potrebbe andare incontro a controlli mirati e in casi estremi a sanzioni o all’esclusione dal registro nazionale.
Secondo il portale Nonprofit Italia, sono oltre 4 mila gli enti ancora indietro nel passaggio alle nuove norme, un numero in aumento rispetto allo scorso anno, segno che il cammino resta lento. Le grandi reti associative chiedono una proroga; intanto alcuni parlamentari hanno sollecitato al Governo Meloni una moratoria di almeno sei mesi.
In questo clima di dubbi e scadenze imminenti, molte ONLUS aspettano ancora istruzioni chiare su come modificare i propri bilanci per restare pienamente operative nel 2026. Una questione delicata che riguarda centinaia di migliaia di volontari e beneficiari sparsi in tutta Italia.
