Cassazione: responsabilità del liquidatore di fatto con netti patrimoniali e criterio equitativo per danni certi ma difficili da stimare

Franco Sidoli

25 Dicembre 2025

Roma, 25 dicembre 2025 – La Corte di Cassazione, con una sentenza depositata proprio in questi giorni, ha ribadito un concetto fondamentale: il criterio equitativo può essere applicato quando il danno è certo, ma difficile da misurare con precisione. Un principio che continua a fare da guida nelle controversie civili sui risarcimenti, soprattutto quando dimostrare esattamente l’entità del danno è un’impresa quasi impossibile.

Il criterio equitativo: come lo interpreta la Cassazione

Nel dettaglio, nella motivazione firmata dalla terza sezione civile, i giudici spiegano che si può ricorrere al criterio equitativo quando il danno c’è – sia esso economico, biologico o morale – ma la sua quantificazione si scontra con ostacoli concreti. “La liquidazione equitativa”, si legge nella sentenza di venti pagine, “serve a garantire giustizia al danneggiato, evitando che la mancanza di dati precisi diventi un pretesto per negare un diritto”.

Nel caso analizzato, un’impresa aveva chiesto il risarcimento dei danni dopo la risoluzione anticipata di un contratto. Peccato che non fosse riuscita a fornire tutta la documentazione necessaria: alcuni registri contabili erano spariti. Eppure, sottolineano i magistrati, il danno era stato comunque accertato grazie alle testimonianze e agli indizi emersi durante l’istruttoria.

Quando si applica il criterio equitativo? Danno certo ma difficile da calcolare

Il tema non è raro nei tribunali: riguarda tanti casi, dai sinistri stradali alle dispute commerciali, passando per responsabilità medica e lavoro. “Se il danno è chiaro – magari riconosciuto anche dalla controparte o dal giudice – ma manca la prova precisa per quantificarlo (come fatture o perizie), allora il criterio equitativo diventa spesso l’unica strada possibile”, spiega l’avvocato Mario Catalano, esperto civilista romano.

La Cassazione precisa che non si tratta di una stima fatta a caso o di una scorciatoia. Il giudice deve basarsi su elementi concreti e affidabili: dati medi di mercato, condizioni dell’attività interessata o prassi del settore. Solo così si arriva a una cifra “giusta” e proporzionata alla situazione specifica.

Che impatto ha questa scelta su tribunali e parti

Questo orientamento – consolidato nel tempo e ora confermato – offre una protezione a chi subisce un danno ma non può dimostrarlo fino all’ultimo dettaglio. I giudici devono camminare sul filo: da una parte assicurare che il diritto al risarcimento resti saldo; dall’altra evitare decisioni lontane dalla realtà dei fatti. “Prendiamo il caso di un professionista che perde clienti per colpa di un cliente inadempiente”, spiega la giudice Anna Barletta del Tribunale di Milano. “Se alcuni documenti sono andati persi, potrà comunque chiedere tutela. Ma il giudice dovrà spiegare bene come ha calcolato l’importo”.

I dati del Ministero della Giustizia del 2024 parlano chiaro: quasi il 18% delle sentenze civili su responsabilità extracontrattuale si basa almeno in parte su criteri equitativi. E questa percentuale cresce nei processi che coinvolgono piccoli imprenditori e liberi professionisti.

Un sistema più flessibile ma con qualche incognita

Per molti esperti questa pratica è una garanzia contro l’eccesso di formalismi processuali che rischiano di negare i diritti dei cittadini. Però non mancano le critiche: alcuni legali temono che affidarsi troppo al criterio equitativo possa portare a risultati imprevedibili e aumentare l’incertezza delle decisioni.

Il dibattito resta vivo anche in ambito accademico. Il professor Michele Tondi della Sapienza sottolinea: “La sfida futura sarà migliorare gli strumenti della liquidazione equitativa usando parametri statistici e nuove tecnologie”. L’obiettivo è chiaro: dare più certezza alle parti e uniformità nelle sentenze, senza perdere quella flessibilità necessaria ad affrontare casi diversi.

In sostanza, la Cassazione conferma ancora una volta un principio ormai consolidato nel nostro sistema giuridico: quando il danno è certo ma difficile da stimare con precisione, il ricorso al criterio equitativo resta lo strumento fondamentale per garantire davvero la giustizia sostanziale.

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