Milano, 18 novembre 2025 – Le cessioni intracomunitarie tra imprese europee possono godere della non imponibilità IVA anche quando mancano alcuni requisiti formali, a patto che l’operazione sia realmente avvenuta. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate, che in questi giorni ha sottolineato come “qualsiasi prova” vada bene per dimostrare che la transazione è stata eseguita. L’obiettivo delle autorità fiscali è chiaro: evitare che semplici errori nella documentazione blocchino la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione Europea.
Il tema interessa migliaia di aziende italiane che ogni anno vendono beni ad altri Paesi membri dell’Unione. Secondo la legge, queste operazioni sono esenti da IVA se la merce arriva davvero a destinazione e il cliente è un soggetto passivo d’imposta in un altro Stato membro. Ma spesso, le autorità fiscali hanno messo in dubbio questa esenzione per piccoli errori nei documenti di trasporto o nella comunicazione dei dati al VIES.
Adesso, però, l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza: “Se l’operazione è reale, la mancata osservanza di certi formalismi non può bloccare la non imponibilità”. In pratica, conta la sostanza. La merce deve essere stata effettivamente consegnata e la vendita deve essere vera. “Non si può negare il beneficio solo perché mancano pezzi di carta”, ha spiegato un funzionario dell’Agenzia durante un convegno a Roma.
Le nuove indicazioni dicono che per provare la natura intracomunitaria della vendita si può usare qualsiasi prova. Non solo i classici CMR o le fatture, ma anche e-mail, ricevute di consegna, estratti conto bancari e persino foto della merce dal destinatario. “Le autorità devono valutare tutto quello che viene presentato dall’azienda”, si legge nella circolare uscita ieri.
Con questo approccio, l’amministrazione vuole ridurre i contenziosi e semplificare la vita alle imprese. “L’importante è che si capisca chiaramente dove è andata la merce e chi l’ha ricevuta”, ha aggiunto lo stesso funzionario. Perciò, in caso di controlli, sarà fondamentale tenere ogni documento che aiuti a ricostruire la vendita.
Le associazioni di categoria hanno accolto positivamente la novità. Confartigianato Lombardia parla di “un passo avanti verso una fiscalità più giusta e meno formale”. Anche Confindustria apprezza: “Potere usare diversi tipi di prova riduce il rischio di multe per errori piccoli”.
Qualche perplessità però rimane. “Bisogna vedere come verranno messe in pratica queste regole sul campo”, avverte un consulente fiscale di Milano. In passato, infatti, non sono mancati casi in cui l’interpretazione rigida ha portato a contestazioni anche se l’operazione era reale. Solo il tempo potrà dire se questa strada porterà davvero a meno complicazioni.
Questa novità si inserisce in un quadro più ampio di armonizzazione fiscale in Europa. La Corte di Giustizia UE, in diverse sentenze (tra cui la C-146/05), ha già stabilito che “la sostanza conta più della forma” nelle operazioni intracomunitarie. Ora anche l’Italia sembra seguire questa linea.
Per le imprese, significa più sicurezza quando si lavora con l’estero e meno rischi legati a cavilli burocratici. “L’obiettivo è facilitare la libera circolazione delle merci senza ostacoli inutili”, ha ricordato ieri un portavoce della Commissione europea.
Insomma, poter dimostrare la non imponibilità IVA con qualsiasi prova è una svolta concreta per chi opera sui mercati internazionali. Rimane però fondamentale – come sottolineano gli esperti – tenere traccia di ogni passaggio della vendita. Solo così si potranno evitare problemi e garantire la piena regolarità delle operazioni intra UE.
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