Milano, 3 novembre 2025 – La Commissione europea ha appena indicato alle piccole e medie imprese non quotate e alle microimprese di adottare il nuovo standard volontario VSME per la rendicontazione di sostenibilità. Un passo pensato per aiutare le aziende più piccole a orientarsi nel mondo sempre più complesso delle informazioni ESG (ambientali, sociali e di governance), senza però appesantirle con troppi obblighi.
Il Voluntary Sustainability Reporting Standard for non-listed SMEs (VSME) nasce dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) e vuole essere una guida semplice per le imprese non quotate che scelgono di raccontare il proprio impegno nella sostenibilità. La Commissione europea spiega che l’intento è duplice: da una parte dare uno schema chiaro e facile da usare; dall’altra evitare che le PMI si trovino sommerse da richieste di dati troppo pesanti o complicate.
Nella raccomandazione di Bruxelles si sottolinea che le informazioni chieste dal VSME devono mettere un limite netto a ciò che le PMI sono chiamate a fornire sul fronte della sostenibilità. “Non vogliamo che le piccole imprese si trovino a rincorrere regole pensate per le grandi multinazionali”, ha detto un funzionario europeo che segue da vicino la questione.
Negli ultimi anni il tema della rendicontazione ESG è diventato centrale, soprattutto dopo l’arrivo della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Ma quella direttiva riguarda soprattutto le grandi aziende e le società quotate. Per le PMI, invece, c’era il rischio di restare intrappolate tra richieste di mercato sempre più pressanti e la mancanza di strumenti adatti.
Il nuovo standard VSME, presentato dall’EFRAG lo scorso settembre a Bruxelles, punta proprio a riempire questo vuoto. “Abbiamo lavorato con le associazioni di categoria e i rappresentanti delle PMI per costruire qualcosa su misura”, ha raccontato Jean-Paul Gauzès, presidente dell’EFRAG fino al 2024. Il documento, già in inglese e presto disponibile anche in italiano, offre una serie di indicatori chiave ma lascia spazio a chi lo usa per adattarsi alle proprie esigenze.
In Italia, secondo i dati di Unioncamere aggiornati al 2024, sono oltre 4 milioni le imprese che potrebbero utilizzare il nuovo standard. Parliamo soprattutto di microimprese e PMI a conduzione familiare, spesso con poche risorse per affrontare processi di rendicontazione complicati. “Il VSME può essere una risposta concreta”, dice Marco Taisch, docente del Politecnico di Milano ed esperto di sostenibilità. “Permette di far sapere a clienti e fornitori che si tiene al rispetto dell’ambiente e del sociale, senza dover spendere cifre che non ci si può permettere”.
Le associazioni di categoria, da Confartigianato a CNA, hanno accolto con favore la proposta europea. “Serveva chiarezza”, spiega Sergio Silvestrini, segretario generale della CNA. “Le nostre imprese vogliono fare la loro parte nella transizione verde, ma hanno bisogno di uno strumento che sia alla loro portata”.
Resta aperto il tema della volontarietà: per ora il VSME non è obbligatorio. Però molti osservatori sottolineano che la pressione delle grandi aziende sulle filiere potrebbe spingere molte PMI ad adottarlo comunque. “È questione di competitività”, ammette un imprenditore lombardo nel settore meccanico. “Se non dimostri attenzione alla sostenibilità, rischi di perdere commesse”.
La Commissione europea ha detto che lo standard sarà aggiornato negli anni, in base ai feedback delle imprese. Intanto, l’EFRAG ha già cominciato una serie di incontri informativi nei principali Paesi europei. In Italia, il primo appuntamento è il 15 novembre a Bologna.
In sintesi, il nuovo standard VSME vuole essere una risposta concreta per le PMI italiane ed europee, chiamate a raccontare il loro impatto ambientale e sociale senza dover affrontare procedure troppo complicate. La vera sfida sarà trovare un equilibrio giusto tra trasparenza e semplicità. Solo così, dicono gli esperti, la sostenibilità potrà diventare davvero un patrimonio condiviso anche dalle imprese più piccole.
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