Lavorare all’estero, che sia per un privato o per lo Stato italiano, è sicuramente una scelta non di poco conto. Cosa c’è da sapere
Sempre più lavoratori si trovano a spostarsi oltre i confini nazionali per ragioni professionali, mentre molte aziende italiane estendono la loro attività all’estero, coinvolgendo il personale italiano. Questa dinamica ha inevitabili implicazioni nella gestione fiscale e previdenziale, che richiedono un’attenta considerazione.
Da sempre, il lavoro nel pubblico è visto in Italia come una forma di grande sicurezza economica e professionale. Questo, evidentemente, è possibile, tanto sul suolo italiano, quanto all’estero. Quest’ultima possibilità spesso non è considerata dai lavoratori. Ma con un po’ di intraprendenza, si può fare.
Lavorare all’estero, che sia per un privato o per lo Stato italiano, è sicuramente una scelta non di poco conto. Implica un cambiamento radicale di vita, di abitudini, di normative e di tassazione. Ma se si è disposti a trasferirsi, si può trovare facilmente lavoro anche nel pubblico. Ecco qualche consiglio per intraprendere, eventualmente, questo percorso.
La forma contrattuale adatta per un invio all’estero è cruciale per la legittimità dell’operazione e può variare a seconda delle esigenze del datore di lavoro e delle modalità di svolgimento del lavoro. Trasferte, trasferimenti e distacchi sono istituti giuridici che modificano il luogo di lavoro in modi diversi, considerando la durata e la gestione del rapporto di lavoro.
Gli adempimenti per i datori di lavoro che inviano dipendenti all’estero sono diminuiti da quando è stata abrogata l’autorizzazione preventiva al Ministero del Lavoro. Tuttavia, restano obblighi di comunicazione e di parità di trattamento economico e normativo. Un lavoro svolto all’estero può influenzare la regolamentazione giuridica del rapporto di lavoro, con la legge del luogo di lavoro che prevale. Tuttavia, ci sono eccezioni e deroghe previste da accordi bilaterali.
Il lavoro all’estero può comportare obblighi previdenziali aggiuntivi. Le deroghe al principio di territorialità permettono di evitare la doppia imposizione contributiva, sia nei paesi dell’UE che in quelli extracomunitari convenzionati. L’imposizione fiscale dipende dalla residenza fiscale del lavoratore. La world wide taxation implica che i redditi prodotti all’estero possono essere soggetti a tassazione in Italia se il lavoratore è residente. Gli accordi bilaterali possono prevedere deroghe alla doppia imposizione fiscale.
In assenza di accordi contro le doppie imposizioni, ci sono ancora opzioni per mitigare gli effetti della doppia tassazione, come l’utilizzo di retribuzioni convenzionali e il credito d’imposta sulle imposte pagate all’estero.
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